SOGLIE: la critica letteraria del poeta Manzoni
L’architettura della frase che scolpisce il centro e i
dintorni con nitore, senza cedere a facili ridondanze e a sequenzialità figlie
tediose della prolissità. L’asciuttezza essenziale di un Ludwig Mies van der
Rohe portata dall’architettura alla critica letteraria. Sfrondare,
assottigliare, spaccare il concetto comunicativo con la forza visionaria e
creativa di abbattimento delle convenzioni. Tutte: geometriche, linguistiche, letterarie,
sociali. Resta in lontananza un amore non detto per la filosofia e, ancor più,
per la trascendenza.
Less is more: tanto di meno è tanto di più. Non solo
la dimensione apparente e, pure, ridotta al minimo ma, in trasparenza, la
dimensione interiore, nascosta, probabile, evocata. A volte si indovina una
carezza del critico, un suo sorriso. Soltanto un accenno. Altro non può
attraversare la corazza del giudizio libero.
Magistrale, tutto magistrale.
Solo il poeta in Franco Manzoni poteva arrivare a questa
sintesi, a questo centrare il cuore dell’autore al vaglio, scandagliarne
l’opera, valorizzarne il nucleo ispirativo. La gabbia editoriale imposta, 450
battute, è una sfida vinta: diventa crisalide e la farfalla si eleva
aggraziata, precisa, dai magnifici colori, volteggiando davanti ai nostri occhi
e ci porta il sentore di quel mondo appena tracciato, dandoci il desiderio di
lanciarci all’inseguimento.
Recensione? Le recensioni di Franco Manzoni sono evoluzione
dell’oggi delle miniature trecentesche. Opere d’arte. Arte che ammanta
cristallina l’arte degli autori e la fa rilucere, senza concessioni al
superfluo, parole dritte che vanno là dove l’autore espelle una goccia del suo
profondo. Quella goccia, quella perla, viene subito catturata e offerta al
lettore ansioso di bellezza, di profondità, di passioni. Ma c’è anche il tratto
continuo che emerge, la cifra autorale che si effonde e che Manzoni afferra e
offre candidamente. Un caleidoscopio di forme, di frasi, di costruzioni che
rotea policromo davanti ai nostri occhi, mai uguale, sempre inaspettato e
tagliato su misura per ogni libro, nel succedersi di una galleria di umanità
che è contemporaneamente quell’umano che cerca nei versi la proprietà, di
superiore provenienza, di andare oltre la contingenza umana.
Un poeta che recensisce letterati e altri poeti. Ma Franco
Manzoni non è solo vero poeta: è anche finissimo letterato. La sua penna è
ricca di reminiscenze, di biblioteche, di studi appassionati, una penna che
trasuda stile. E nel panorama culturale odierno questo è un punto fermo. In
queste SOGLIE – I Quaderni del Bardo Edizioni di Stefano Donno, 2025, Manzoni esplora mondi
contigui e diversi, poesia, prosa ritmica, teatro, saggio per restituirli alla
nostra attenzione vividi, partecipati, rispettati. E ci offre di andarne all’inseguimento
aprendone uno squarcio. Al centro. Ai margini. Fragili ma mai secondari.
Colpisce per originalità, pregnanza, armonia, il
suo citare solo per nome, laddove lo spirito critico lo suggerisce, l’albero
genealogico, l’assonanza letteraria e artistica degli autori sotto i suoi
occhi: nessuna descrizione, nessun navigare a vista nei meandri delle influenze
letterarie. Solo dei nomi, un tratto di pennello, un lato del poligono minimal
che chiude, con naturalezza, la forma geometrica nello spazio del foglio
bianco.
Siamo di fronte alla summa centellinata di un intenso periodo
letterario di 12 anni che si può leggere come un’indagine sottotraccia della
nostra storia più recente spingendoci alla ricerca del particolare autore e, al
tempo stesso, come uno specchio dalle molteplici sfaccettature molate che
rimanda ai molti istanti di noi stessi, cangianti, perduti, ritrovati.
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